Tai Shani ‘The Neon Hieroglyph’ 
In conversazione con Hana Noorali e Lynton Talbot

Festival dei Due Mondi, Spoleto
25 Giugno – 12 Luglio, 2021

Fontana di Piazza del Mercato e Palazzo Collicola – Galleria d’Arte Moderna G. Carandente

…il sole è un fantasma che infesta la notte…

Prodotto dalla Carla Fendi Foundation e da Mahler & LeWitt Studios, per la 64a edizione del Festival dei Due Mondi, Tai Shani ha presentato un’installazione scultorea site-specific ispirata alla sua ricerca su psichedelico, femminismo e mito. L’installazione The Neon Hieroglyph per Spoleto è stata collocata nella Fontana di Piazza Mercato, nel centro storico della città, a un’estremità di quello che un tempo era il Foro Romano. L’installazione di Shani è la rappresentazione di un fantasma enigmatico, avvolto in portafortuna e lacrime. The Neon Hieroglyph è una serie di considerazioni poetiche sulla storia della segale cornuta, un fungo da cui deriva l’LSD. Leggi di più sul progetto qui >>

Di seguito, un estratto della conversazione circa The Neon Hieroglyph con Tai Shani degli ex curatori in residenza Mahler & LeWitt Studios, Hana Noorali and Lynton Talbot:

 

Hana Noorali e Lynton Talbot: Sembra che la presenza di fantasmi pervada l’intero The Neon Hieroglyph (2021). Appaiono sin dall’inizio, e restano fino alla fine. Tutta l’opera ne è intrisa. Una delle prime cose che mi ha colpito del film è il personaggio che all’inizio dice: “I morti non possono farti del male, ma i vivi quasi sicuramente sì”; e che “il sole è un fantasma che infesta la notte”. Quindi tu inizi in una cripta, sotto la superficie terrestre, e finisci uscendo completamente dal sistema solare, con il richiamo che il sole sta ancora infestando la notte. Il film ti porta attraverso tutti questi livelli, dal fisico allo spettrale, dal micro al macro, dal molecolare al cosmico. Mi sono reso conto che l’idea dell’infestare, anche a livello personale, viene elevata a uno status speciale durante questo percorso. L’infestazione non è spaventosa o dannosa, ma ha a che fare con un accesso privilegiato a quei diversi livelli di esperienza e riesci a mostrarli da una certa distanza, in una sorta di atteggiamento positivo sulle cose. L’ossessione pervade l’intero film. Immagino che anche il fantasma in arrivo a Spoleto abbia qualcosa a che fare con tutto questo?

Tai Shani: Penso che questa sia una bella lettura del lavoro e ho riflettuto sul perchè ci siano così tanti fantasmi nel progetto. Una delle cose a cui pensavo quando ho iniziato a scrivere The Neon Hieroglyph era il fatto che la storia potesse essere considerata come un plateau di informazioni, quasi infinite, attraverso cui noi creiamo traiettorie ideologiche. Esiste una sorta di storia del consenso che è patriarcale e, in tale narrativa, vengono privilegiate le idee sui confini e la conquista.

Nel mio progetto precedente, DC Productions (2014-2019), ho cercato di esaminare come tutti questi dati storici potessero essere risistemati in una narrazione alternativa che avesse come perimetro una struttura ideologica differente. Quando ho iniziato a pensare alla storia dell’Ergot, che è poco conosciuta, pur non essendo affatto una storia nascosta – semplicemente non ha davvero una storia, ho cominciato a notare queste disparate manifestazioni di fenomeni. Ad esempio, persone tormentate dalla piaga del ballo e una serie di teorie su cui ci si interroga: se l’agente psicoattivo sia stato utilizzato per determinate pratiche rituali.

Ci sono, dunque, come dei  punti di contatto che, se cuciti insieme, creano una storia. Non voglio entrare troppo in un discorso antologico sull’ossessione, perché non ne sono particolarmente interessata, ma penso che viviamo tutti tra i fantasmi, non è vero? Viviamo continuamente con i detriti della storia e i fantasmi che ci circondano. Basti pensare ai dibattiti circa le statue dei personaggi che rappresentano storie violente: diventano fantasmi ambientali di violenza, che le persone non necessariamente conoscono, ma che fungono da promemoria.

Tutto ciò che scegliamo è collaborativo. Qualsiasi oggetto utilizziamo, qualsiasi tipo di medicina  prendiamo, qualsiasi libro leggiamo. È un processo di collaborazione trans-temporale. Penso che siamo tutti profondamente radicati, in quanto esseri viventi, anche all’interno di una sorta di infrastruttura fantasmatica. Penso che questo sia particolarmente rilevante quando si pensa ad alcune storie recuperate. So, ad esempio, che Silvia Federici è stata in parte cancellata, ma una delle ragioni per cui alla gente piace la sua lettura sulle streghe – ed è il motivo stesso per cui questa è una tesi così interessante – è che lei applica una lettura materialista marxista a un argomento che sembra rientrare nel dominio del soprannaturale, o che quantomeno si trova su una soglia, tra il mondo immateriale e quello materiale.

Pensa alle streghe e alla loro eredità. C’è così tanto che non ha alcun tipo di eredità strutturata. Ho iniziato a pensare a come potesse essere costruito un mausoleo affettivo per queste streghe psichedeliche, per idee che non sono mai riuscite veramente ad essere trainanti.

Ad esempio, come dicevo prima: gli eventi della piaga del ballo. È estremamente interessante che ci fossero interi villaggi influenzati dagli effetti di un agente psichedelico per giorni. Tali storie non sono mai state dipanate, districate, per poter essere intessute in una narrazione. Esistono esclusivamente come sacche di fenomeni. In The Neon Hieroglyph cercherò di creare uno spazio affettivo per tale possibilità.

Riguardo a Spoleto in particolare, e questa è una nota molto più personale; mio padre è morto in circostanze molto tragiche, molto vicino a quella città. Sono perseguitata da questo. Sono ossessionata dalla sua vita, dalle sue azioni e anche dalla sua morte. E’ stato importante affrontare tale ossessione da persona laica, alla ricerca di una prossimità o di un contatto con una spiritualità che fosse per me autentica. Non trovo plausibile che ci troviamo qui e basta. Non credo nell’aldilà. Non ho affatto un sistema di credenze strutturato, ma di sicuro sono alla ricerca di qualcosa. Ci sono momenti – scorci fugaci – che sono ineffabili, e spesso mi sento anch’io un fantasma.

Tornare indietro e visitare di nuovo l’Umbria, l’Italia, mi rende davvero un fantasma. Mi inquadra nel mirino di un bersaglio tra un sé passato e un sé presente. Senza continuità, ti fa sentire come se tu perseguitassi te stesso o ne fossi perseguitato.